martedì 9 dicembre 2014

Felicità

Maria Claudia Gatto

Traccio il contorno della tua spina dorsale: forse è l’ultima volta.
Continuo a far scivolare la mano dal basso verso l’alto; si poggia sul tuo collo e fa per stringerlo, ma poi si apre in una carezza leggera, impercettibile.
Sei qui che dormi sereno, accanto a me. Le labbra si aprono in un lieve sorriso ed i tuoi occhi scuri sono coperti dalle ciglia lunghe nere; i capelli ricadono morbidi sulla fronte ed io ho quasi paura di toccarti. Continuo a fissarti nel tuo sonno profondo e rimango immobile come quando si è estasiati avanti un quadro di Caravaggio.
La parte destra del letto ha preso la forma del tuo corpo e le lenzuola bianche il tuo odore.
Ho quasi voglia di fotografarti, di fotografare questo momento per rimanerci intrappolata dentro e non uscirne più. Io e te: null’altro.
Mi lascio cadere con delicatezza sul cuscino e guardo il soffitto bianco: oggi mi sembra tutto così luminoso. E’ forse questa la felicità di cui si parla tanto? Attimi, forse anche stupidi, ma che ci fanno sentire così bene, perché sono unici e nostri.
Ti giri verso di me e sono talmente persa nei miei pensieri che neanche me ne accorgo:
Buongiorno.”

Quasi non cado dal letto.
Hey” ti rispondo a voce bassa e mi chino verso te e tu mi stringi forte, come se fossi la cosa più preziosa del mondo: Forse anche tu sei felice quanto me adesso.
Ti do un bacio sulle labbra e tu, riaprendo gli occhi mi sposti un ciuffo ribelle dietro all’orecchio e ti fermi a guardare gli orecchini che mi hai regalato il giorno prima:
Levarteli per dormire no, eh?” Lo dici in modo dolce, quasi divertito.
Io rido e prendendo un cuscino te lo tiro forte addosso: voglio rimanere qui.
ah, è la guerra che vuoi?!” Ormai siamo completamenti svegli e ridendo e urlando come due bambini ci prendiamo a cuscinate tra le lenzuola che portano il tuo odore e sanno di noi.
Mi lascio rotolare sul letto e per poco non cado per terra, di nuovo: l’equilibrio non è il mio forte: “Dove credi di andare scimmietta?” “ da nessuna parte” vorrei urlarti forte, ma non lo faccio e lascio che siano i miei occhi o il mio sorriso a parlare.
Tu mi guardi come chi si aspetta qualcosa o forse niente. Mi tieni sospesa su di te adesso e mi spingi verso l’alto con le braccia. I tuoi occhi neri e profondi mi scrutano, ma questa volta non provo imbarazzo o malinconia, riesco a sostenere il tuo sguardo.
Mi lasci cadere pesantemente sul materasso malconcio; io gattono nella tua direzione, cercando di apparire il meno goffa possibile mi butto su di te producendo un gran tonfo. Tenendomi per il mento porti il mio viso verso il tuo. Riesco a sentire il tuo respiro sulla mia pelle e mi accorgo di avere i brividi. Ho quasi paura di rovinare tutto; mi allontano, ma tu mi afferri il braccio :”resta.”
Alzo gli occhi, profondamente impegnati a fissare il nulla e mi perdo nei tuoi, di nuovo.
Forse siamo ancora li, in quella camera, l’uno perso negli occhi dell’altra, ognuno di noi perso in quel momento “perfetto”, in quella felicità e nella paura di dirsi cosa si prova davvero.
Avrei voluto dirti tante cose, o forse avrei dovuto farlo, ma non è stato così. Sono rimasta li, felice e in silenzio: ti ho baciato e ho continuato a stringerti come fossi la cosa più preziosa del mondo, come per non farti fuggire via.
Mi sono avvinghiata a quel momento con tutte le mie forze e l’ho tenuto dentro me, come un segreto.
Ancora oggi se mi chiedono cosa è la felicità io rispondo “una spina dorsale o delle ciglia lunghe.”

La gente mi guarda esterrefatta: Loro non sanno che la mia felicità porta il tuo nome.

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