Un amico dei due senegalesi uccisi visibilmente scosso |
L’emarginato è una categoria di uomo - non uomo che appartiene ad ogni società in crisi. Quanto più l’uomo sente le difficoltà del proprio tempo, tanto più cerca di esorcizzarle nel capro espiatorio, a cui si possono far risalire le colpe del proprio malessere. O su cui più semplicemente ricadono le conseguenze di ansie represse dell’animo umano.
Ma stavolta a Firenze è successo qualcosa di diverso. Siamo di fronte a un lucido atto di xenofobia, di razzismo, di ultranazionalismo che ci riporta a ben altre atmosfere, più vicine agli anni dei Regimi della Follia, del comando e del comandante, del condottiero. Impossibile chiamarlo pazzo: Gianluca Casseri era un folle, ma un lucido folle, conscio di quello che faceva. Nella sua testa il piano era chiaro, chiarissimo. Ed appare paradossale l’apertura di Casapound alla comunità dei Senegalesi.
I Senegalesi. La loro discesa in piazza deve essere suonata come una sveglia per le coscienze di tutti quanti. Vedere quanti erano, e quanto erano arrabbiati. Ma una rabbia composta, una rabbia di chi è disperato, anzi, esasperato. Esasperato dal non veder crollare i pregiudizi. Esasperato dall’essere posto ai margini della società. Sia nel senso figurato che in quello fisico.
Ma la cosa che più ha colpito è stato il modo in cui si scagliavano contro gli italiani. La loro è stata una vera e propria manifestazione. In loro il disagio sociale ha agito da coagulo, riunendoli così contro un paese che non li accetta.
Perché l’Italia non li accetta, gli immigrati. Non li accetta, ma non può non volerli: essi sono alla base dell’economia. Alla base perché agli ultimi gradini della scala sociale: raccoglitori di pomodori, operai a nero e badanti dei nostri anziani.
Perché l’Italia è divenuta così razzista?
Innanzitutto non si può dimenticare come la politica abbia aizzato le anime delle folle con l’odio razzista. Si ricordino in tal senso, solo per fare un esempio, le parole “moderate” di Borghezio durante un comizio: “Prendiamoli a calci in culo e rimandiamoli a casa!”. Ma scavando nel profondo, si nota come l’ordine cittadino passa per il controllo dei flussi migratori. Si capisce, quindi, che in Italia la strategia adottata per regolamentare l’immigrazione irregolare, che è oggettivamente un problema per la società, è stata la soluzione finale: eliminare l’immigrazione irregolare. Ha ragione Vendola quando da Fazio ha detto che “si fa il processo alla povertà”: lo stato italiano pretende che un clandestino, fuggito dall’Afghanistan, porti regolare documento rilasciato dall’amministrazione locale, in mano ai talebani. E pesano sulla coscienza italiana tutte le anime dei migranti che dall’Africa del Nord, non potendo migrare verso l’Italia, hanno tentato la traversata del “mare di sabbia” del Sahara. Trovando lì morte sicura.
Ma invece di processare la povertà, non si potrebbe da essa ricavare ricchezza? L’integrazione non è forse il miglior modo per costituire una società libera, mobile, in continuo sviluppo ed evoluzione? Sicuramente in questo mondo migliore non troveremo Samb Modou e Diop Mor, le due vittime di Casseri.
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